La vita da produttore e registratore di canzoni
Sono un produttore-registratore musicale da oltre vent’anni, due decenni di mixaggi, registrazioni, artisti che passano e suoni che restano; non ho ancora lavorato con il prossimo grande nome della musica mondiale – the next big thing – ciò che mi interessa davvero è fare il disco della vita. (almeno della mia;)
Non sono famoso, ma non sono nemmeno uno sconosciuto; non ho mai inseguito una visibilità particolare, perché quello che mi guida non è il riconoscimento esterno, ma la ricerca di qualcosa che sento ma non vedo, di un equilibrio che riesce a far emergere l’essenza di una traccia, di scomparire dentro ad un mix (come un fiume, l’oceano).
Ho avuto la fortuna di imparare questo mestiere nei primi anni 2000, lavorando come assistente di Fabio Magistrali: stare al suo fianco è stato formativo in modi che non posso nemmeno spiegare del tutto; ho imparato a capire quando intervenire e quando lasciare che il suono trovasse da solo il suo spazio e per farlo devi avere una visione, e una certa sensibilità per interagire con i musicisti. Fabio mi ha insegnato dei trucchi frutto di anni anni di esperienza, mi piaceva molto il suo approccio che guardava prima alla persona e poi al musicista; e la storia che voleva raccontare.
Non è una strada semplice, delle volte gli estremi si uniscono al centro.
Ogni giorno mi immergo nella musica, delle volte sono demo allo stato embrionale, altre i miei dischi preferiti, altre ancora lunghe sessioni di mix sullo stesso brano che per me non è mai uguale o ripetitivo: il mio lavoro è trovare un punto di equilibrio in cui tutto scorre, fluttua, zampilla, gocciola..
Stare dentro ad un mix è come essere dentro ad una tempesta cercando di domare i fulmini – se funziona alla fine torna il mare calmo, ma solo in senso figurato; non uso scorciatoie o preset miracolosi – sfrutto sì la tecnologia di oggi, ma sempre attraverso il mio approccio oserei dire umanistico ,naïf, creativo, artistico.. Non c’è un linguaggio verbale preciso per descrivere quello che succede tra orecchie ed aria; per me, la musica non è un viaggio, non è una meta: è un flusso invisibile agli occhi, un’unità vibrazionale che si collega ad altri ricevitori.. non ci sono regole universali.

La materia “musica” è molto più di un mercato, c’è sempre stata anche prima di noi, anche prima della parola, prima di fare sgrunt abbiamo imparato a fischiettare come gli uccelli basta pensare che fino a metà 900, prima di poter registrare su vinile, distribuire e vendere, non esisteva il concetto di industria musicale, case discografiche, musica riprodotta nei numeri che abbiamo oggi: prima ci siamo inventati un modo per trascrivere le note e salvarle su spartito (il primo processo di digitalizzazione), ma ancora la musica non si poteva riascoltare: solo fissare in scrittura per poi poter essere risuonata dal vivo in tempo reale.. poi abbiamo imparato ad incidere su cera, su bobina, su vinile ed ecco che è diventata riproducibile e diffusa all’infinito… la sua memorizzazione e riproducibiltà è diventata quella che conosciamo oggi, ma appunto in un modo e in un mondo che non ha più di 70 anni.
“Cosa fai nella vita?” Mi immergo nel suono, cerco l’equilibrio e lo trasformo in qualcosa che vive da solo, che sia musica, vita, o semplicemente il canto dei merli, per me l’importante è sempre la stessa cosa: e il naufragar m’è dolce in questo mare.