I CAMPI MAGNETICI

Quando l’elettricità incontra la magia

Più e più volte ho studiato come funziona la corrente elettrica: da studente, poi da tecnico audio: i circuiti, le resistenze, i transistor… Ho passato esami di elettrotecnica con buoni voti, ma in realtà per me rimane ancora un mistero, ed è proprio questo che mi piace e mi affascina. Un po’ come il suono che viene fuori da una chitarra elettrica: nessuno sa davvero come accade, ma è meraviglioso quando succede: siamo piccoli e grandi campi elettromagnetici che emettono e ricevono frequenze. 

Dopo questa piccola premessa art rock, voglio condividere con voi la mia tesi, che poi è una pratica rispetto al mondo audio analogico perché è più vicino alla nostra percezione del reale.

La magia dell’analogico, ragazzi, è tutta qui: quando il segnale viaggia attraverso il filo, la resistenza, il condensatore e, infine, arriva al microfono, stiamo passando attraverso una serie di fenomeni fisici che non sono solo numeri o formule… c’è una dimensione che va oltre il digitale, che non possiamo riprodurre con il semplice 0/1, ecco perché quando ascoltiamo una registrazione analogica, ci sentiamo dentro il suono, come se stessimo vibrando insieme al musicista; non è magia, è fisica.. anzi: è fisica con un po’ di magia.

Partendo dal presupposto che per catturare un suono che viaggia nell’aria, passiamo attraverso delle macchine fisiche alimentate da corrente elettrica e, ancora di più, su nastri magnetici, possiamo dire che abbiamo la risposta; e qui si apre un capitolo che, ammettiamolo, è ancora un po’ oscuro: come funziona veramente il campo magnetico in un registratore a nastro?

Un nastro Ampex o Studer (sì, quelli che i puristi chiamano “l’anima dell’audio”) usa il principio della registrazione magnetica: un flusso di corrente passa attraverso un capo di registrazione, creando un campo magnetico che allinea le particelle ferrose del nastro in base alle variazioni di intensità del segnale audio; in parole povere, il nastro memorizza la musica; e a differenza del digitale, che scompone tutto in 1 e 0, il suono analogico conserva l’intera curva d’onda, come un autoritratto fatto a mano, non un pixel.

Non è solo una questione di qualità del segnale diversa – imperfetta, irripetibile, leggermente colorata e distorta – ma l’incisione di un’impronta frequenziale  sfruttando l’energia elettrica, la materia fisica e i campi magnetici. 

Dentro la registrazione del mondo analogico rimane fisicamente la cattura di qualcosa di più invisibile e animico: ecco perché siamo ancora qui a cercare quel suono ormai vintage e “trintage”; ecco perché i mixer Neve, SSL, Soundcraft, le bobine Ampex, i registratori Studer e il piano elettrico Fender Rhodes sono diventati un riferimento di un suono vivo e immortale (e non dimentichiamoci delle casse JBL, quelle sono il suono della vita).

Da un punto di vista più mentale, oggi, se ascoltiamo ad occhi chiusi una macchina analogica hardware e il suo plugin, non distinguiamo l’originale dalla versione virtuale.. magia della tecnologia, certo, ma se ci mettiamo ad ascoltare un brano registrato con una visione ed esperienza più analogica, rispetto alla sua versione fatta completamente in digitale, tutto questo diventa molto tangibile: è come guardare un film su VHS, con tutti quei bei disturbi visivi, e sentirne il calore, piuttosto che guardarlo in HD con il suo perfetto livello di dettaglio (che, diciamocelo, è un po’ sterile).

Sono tutte le frequenze invisibili e i loro campi elettromagnetici: più un suono è catturato e riprodotto passando per una messa a terra fisico-analogica, più tutto questo passa nel “terzo orecchio” che abbiamo nella pancia e nel “quarto” che abbiamo in mezzo alla fronte. Sì, avete letto bene: “quarto orecchio”: quello che si attiva quando una canzone vi entra davvero dentro, dove non c’è più solo teoria, ma emozione pura.

Questo è ciò in cui credo, e appena posso cerco quel tipo di esperienza. 

Il segnale analogico è un’onda continua; in digitale tutto viene scomposto in piccolissimi pezzi e poi ricreato.. un po’ come la differenza tra mangiare una pizza fatta in casa e una pizza surgelata: la seconda è comoda, ma la prima… beh, la prima è magia.

Certo, oggi è quasi impossibile non entrare in contatto con il mondo liquido, così come non credo sia possibile vivere veramente come negli anni ’70 nel 2024: non c’è più quella realtà, ma un approccio analogico al mondo sonoro è ancora possibile, oltre le emulazioni estetiche.. è un po’ come il whisky invecchiato: puoi avere delle imitazioni, ma sai che la vera esperienza non è la stessa.

Un esempio? Qual è il fattore più importante per una bellissima registrazione? Come si sentono i musicisti nel momento in cui schiaccio “rec” e come vibrano mentre suonano… è questa vibrazione fisica, quella che non puoi “emulare” con un plugin, a fare la differenza.

Lo stesso discorso lo posso fare per un ottimo mix: aldilà degli strumenti utilizzati per farlo, quando un mix è “chiuso”? Quando lo sento nella pancia, quando perdo le coordinate comuni di spazio e tempo ed entro in questo mondo sonoro potenzialmente infinito.. perché c’è un prima e un dopo, ma anche un “per sempre” che è la magia della musica riprodotta, catturata per poi essere replicata infinite volte.  

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